Martedì 12 novembre ore 15,30 e Mercoledì 13 novembre ore 21, Sala  NUOVOFILMSTUDIO, Piazza Rebagliati (Officine Solimano): proiezione del film “BARBARA”, regia di Christian Petzold, con Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Jasna Fritzi Bauer. Germania 2012, 105′. Versione originale con sottotitoli.

Nella settimana in cui si celebra il 35° anniversario del Crollo del Muro di Berlino e della conseguente caduta delle dittature nell’Europa orientale,  l’ICIT Savona propone il capolavoro del regista Christian Petzold . Con questo film inizia la collaborazione con NUOVOFILMSTUDIO  con una serie di appuntamenti allo scopo di ampliare la diffusione della cinematografia tedesca proponendo importanti film in versione originale e sottotitolati.

La storia è ambientata nella DDR. Barbara, la protagonista, (l’intensa Nina Hoss, musa del regista) è una dottoressa di Berlino est che nel 1980 viene declassata per motivi politici e disciplinari dall’ efficiente ospedale “Charité” ad un ospedaletto di provincia. Una vita squallida, senza rapporti con i colleghi di lavoro: unica soddisfazione le passeggiate in  bicicletta nella natura ventosa e selvaggia della Pomerania. Il dirigente dell’ospedale, forse un informatore della Stasi, la corteggia mentre Barbara conduce una vita di routine, nella speranza di una fuga con il suo uomo che vive all’ovest.

“Voglio spiegare come stava davvero la gente all’epoca del Muro”, afferma il regista Petzold, esponente della Scuola di Berlino, movimento cinematografico nato dopo il 9 Novembre.

Già film famosi come “La vita degli altri” e “Good Bye Lenin”, premiati con Oscar, avevano indagato la vita al di là del Muro e messo in luce l’oppressione della Stasi e il sistema di controllo dell’occhiuta Polizia di stato, volto a reprimere la libertà individuale e il libero pensiero.
Con una spia ogni 59 abitanti la Germania comunista raggiunse il primato mondiale nel campo dello spionaggio. La Stasi (Ministero della Staatssicherheit, ovvero della Sicurezza dello stato), era nata nel 1950 sul modello del KGB sovietico. Il numero degli informatori non ufficiali raggiunse nel 1989 quasi i 200.000. Complessivamente tra il 1950 e il 1989 ci furono 620.000 informatori, delatori, denuncianti. L’apparato spionistico più grande del mondo prevedeva l’internamento di massa in caso di sommosse, prigioni e torture, controllo della corrispondenza e del telefono, pedinamenti e spietati interrogatori. La Stasi si serviva delle “tecniche di decomposizione della personalità”: rendere la vita miserabile, interrompere e controllare amicizie, impedire carriere di lavoro e di studi, seminare diffidenza, dividere le famiglie, sottrarre i figli minori affidandoli a sconosciuti. L’aspetto psicologico riguardava la distruzione di sentimenti di fiducia e di amore, inducendo depressione, paura, crisi di panico, con metodi sempre più raffinati.

Martedì 5 novembre, ore 17,30, presso il Teatro dei Cattivi Maestri, Officine Solimano, Piazza Rebagliati (vicino al Filmstudio):

“GROTESK ! Ridere rende liberi“, di Bruno Maccallini e Antonella Ottai. Regia di Bruno Maccallini. Musiche dal vivo di Pino Cangialosi

Si tratta di una performance travolgente, elegante, ironica e agghiacciante dell’attore, autore e regista Bruno Moccellini, presentata con successo in molti teatri italiani.

E’ la storia di comici ebrei nella Berlino in grande espansione degli anni venti-trenta, quelli della Repubblica di Weimar. La Berlino praticamente capitale della trasgressione, della vita, della follia.

I comici ebrei che vengono raccontati erano i protagonisti della scena berlinese di quegli anni e questi stessi comici li troviamo poi, a distanza di pochi anni, a recitare ancora, e tragicamente sempre irrispettosi, in un altro cabaret, ma è il cabaret del lager.

Lo spettacolo nasce da un libro di Antonella Ottai, frutto di una ricerca condotta sul destino di alcuni comici degli anni trenta che resero grande il cabaret mitteleuropeo, in particolare quello berlinese. Sono in gran parte ebrei, come tipicamente ebraico era il loro umorismo, e la loro sorte viene segnata dall’avvento del nazismo. Espulsi dai set e dai palcoscenici, le loro performance si replicano nei ghetti e poi nei lager. Sono “stelle di prima grandezza che di grande non hanno più che la stella gialla, cucita ben in evidenza sul loro petto”. La loro storia diventa occasione per interrogarsi sulla forza d’urto del riso, per riflettere sul senso del comico anche nella sofferenza quando, a complicarne le dinamiche, interviene la relazione che si instaura fra la vittima e il carnefice, in attesa entrambi dell’ “l’ultima risata”.